Sono trascorsi 10 anni dal fallimento del Torino Calcio e dalla nascita del Torino FC: dieci stagioni che andremo a ripercorrere attraverso le voci dei protagonisti. Dall’annata 2005-2006, quella dell’immediata promozione, passando per gli anni della Serie B fino ad arrivare alle più recenti, con il ritorno in Europa dopo oltre vent’anni.
Cinque campionati giocati, di cui tre e mezzo con la fascia di capitano al braccio, e settantasette gol realizzati. Questi sono i numeri che hanno caratterizzato l’avventura in granata di Rolando Bianchi e che gli hanno permesso di entrare nella storia del club diventando il decimo miglior marcatore di sempre della storia del Torino. L’attaccante bergamasco fu il colpo di mercato di Urbano Cairo della stagione 2008/2009 che, per prenderlo dal Manchester City sborsò circa 7 milioni di euro. Quello fu un campionato sfortunato per il Toro che, nonostante i nove gol messi a segno da Bianchi, retrocedette in serie B. Il centravanti riuscì comunque ad entrare nel cuore dei tifosi e, nelle stagioni successiva, oltre a segnare, ebbe anche modo di riconquistare, con la maglia granata addosso, quella serie A persa nella primavera del 2009.
Bianchi, si ricorda il suo primo incontro con il presidente Cairo nel 2008? Che impressione le fece?
Cairo è sempre stata una persona vincente, come dimostra quello che ha fatto nella sua vita da imprenditore. Quest’impressione me la diede subito. Da presidente di una squadra di calcio ha iniziato facendo un po’ di fatica, ma è riuscito a migliorare e ora sta facendo molto bene, è anche riuscito a dare solidità alla società. Credo che sia un presidente che la gente del Toro debba stimare.
Il suo primo anno al Toro terminò con la retrocessione in serie B, nonostante ciò lei decise di restare in granata. Quanto influì Cairo nella sua decisione?
Sicuramente l’affetto che c’era, e c’è ancora, tra di noi influì. Mi ricordo che dopo la retrocessione ci guardammo negli occhi e non ci fu neanche bisogno di parlare tanto: avevo già deciso di restare. Tutti e due volevamo tornare in serie A.
Decise di restare anche l’anno successivo, nonostante la promozione sfumata nella finale playoff contro il Brescia, dopo un campionato in cui mise a segno ben 26 gol.
Sì, subito dopo la partita di Brescia ricordo che io e il presidente Cairo ci siamo abbracciati e ci siamo detti: “È andata male”. Quella fu una brutta sconfitta per entrambi.
Che tipo di presidente è stato Cairo nei cinque anni in cui lei è rimasto al Toro?
Cairo è sempre stato un presidente molto presente, con tanta voglia di vincere. Dall’altra parte nel suo lavoro di imprenditore era abituato ad essere un vincente e lo voleva essere anche nel calcio.
Che rapporti ha ora con il presidente Cairo?
Abbiamo un rapporto di grande stima reciproca. Ogni tanto ci sentiamo ancora, ci mandiamo qualche messaggio di in bocca al lupo reciproco.
Lei ha da qualche giorno iniziato la sua nuova avventura al Maiorca, l’anno scorso però all’Atalanta ha potuto giocare con due di quelli che sono stati tra i principali colpi di mercato di Cairo di quest’estate: Baselli e Zappacosta. Che giocatori sono?
Credo che il Toro abbia preso due grandissimi giocatori. Che Baselli avesse grandi qualità lo si vedeva anche l’anno scorso, non giocando con continuità era difficile anche per lui esprimere al meglio le proprie potenzialità. Sono però convinto che al Toro saprà dimostrare tutto il suo valore. Zappacosta invece aveva avuto molto più spazio, dimostrando anche lui di avere ottime qualità.
Questo Toro può centrare la qualificazione all’Europa League?
Mi auguro che il Toro riesca ad ottenere grandissimi risultati, anche se ovviamente nel campionato italiano non è mai facile.
C’è un ultimo augurio che vuole fare al presidente Cairo?
Gli auguro di restare ancora per tanti anni il presidente del Torino. Se lo merita.